La tradizione più accreditata, vuole che Calogero, monaco erudita e taumaturgo, sia giunto in Sicilia dal Nord Africa nel V sec, per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali e svolgere la sua missione di predicatore e guaritore dei corpi e delle anime.

Il suo nome derivante dal greco, significa letteralmente “bel vecchio”, nel senso di buono, saggio, ed infatti è rappresentato con una lunga barba bianca, col tipico abito dei monaci eremiti, sorretto da un lungo bastone, con un libro aperto in una mano ed una cassetta di medicamenti nell’altra ed a volte, con una cerva accosciata ai suoi piedi, in riferimento all’ultimo periodo della sua lunga vita quando, ritirato nelle grotte del monte Kronio(presso Sciacca), si nutriva del solo latte di questa bestiola inviatagli da Dio.

E’ un Santo venerato sia dalla Chiesa Cattolica che da quella Ortodossa, ed è uno dei più popolari della Sicilia dove viene festeggiato in molti centri: ad Agrigento, Porto Empedocle, Naro, Aragona, Canicattì, Favara, Sciacca, S.Stefano Quisquina, Cammarata, ma anche Petralia Sottana (Pa), Campofranco(Cl), Cesarò e S.S. di Fitalia(Me).

Quella di Agrigento è una delle feste più coreografiche.

Si svolge tra le prime due domeniche di luglio quando, sotto un sole cocente, la vara del Santo sorretta dagli infaticabili portatori, attraversa i vicoli e le scalinate del centro città, accompagnata dalla fanfara che suona incessantemente, dai tamburinari e da una folla di fedeli che fanno a gara per toccarlo, abbracciarlo e baciarlo in volto. Altro rito caratteristico che accompagna la processione è il lancio delle “muffoletta”, pagnotte aromatizzate al sesamo, direttamente dai balconi o dalle finestre sul fercolo, in ricordo dell’instancabile questua che S.Calogero faceva in favore dei poveri ammalati di peste.